Fondo pensione: cos’è

A differenza di quello che potrebbe trasparire dal nome, i fondi pensione sono prima di tutto degli investimenti a tutti gli effetti, piuttosto che un semplice modo di risparmiare qualcosa in attesa del tanto agognato periodo di riposo dal lavoro. Investimenti particolari, che nelle prossime righe proveremo a delineare.

Certo è che il nome non trae completamente in inganno: un fondo pensione è tale perché – come è facile immaginare – va visto come un’integrazione alla pensione statale, che alla fine della vita lavorativa di un individuo viene erogata dall’INPS.

Come aprirlo? Il fondon può essere aperto devolvendo, ad esempio, una parte del Tfr (Trattamento di Fine Rapporto).

Ma partiamo dalle basi. Abbiamo detto che il fondo pensione è in primo luogo un investimento. Ciò significa che chi decide di devolvere una parte del proprio denaro al fondo non si limiterà semplicemente a “mettere da parte” dei soldi che gli verranno restituiti in un secondo momento, ma li investirà affidandoli agli esperti dell’istituto o ente che gestiranno il fondo.

È, se vogliamo, un po’ lo stesso ragionamento che vale per i Piani di Accumulo del Capitale (PAC), con la differenza che nel caso dei PAC per riottenere quanto investito – più eventuali interessi – bisogna attendere la scadenza dei termini previsti dal fondo. Il maturato nel fondo pensione, invece, sarà attingibile solo quando il lavoratore raggiungerà i requisiti minimi per andare in pensione, alla stregua di quanto accade per quella erogata dall’Inps.

Fondo pensione e pensione Inps: le differenze

Fondo pensione e pensione Inps, tuttavia, divergono in maniera sostanziale:

  • dai primi ci si può divincolare – e in caso riottenere la somma versata – in qualsiasi momento;
  • la seconda viene percepita nei modi e nei tempi previsti dall’ente previdenziale, senza possibilità di personalizzazione.

Inoltre, al fondo pensione il lavoratore aderisce di sua spontanea volontà e versa una quantità di denaro in modo regolare per un certo periodo di tempo, mentre la pensione Inps funziona secondo il ben noto principio del versamento di contributi da parte del datore di lavoro.

Ad ogni modo, in nessun caso percepire una delle due pensioni comporterà il dover rinunciare all’altra.

Tipi di fondo pensione

Partiamo da un presupposto: in linea di teorica qualsiasi lavoratore può accedere a un fondo pensione, quindi sia gli autonomi che i liberi professionisti, arrivando chiaramente ai dipendenti privati e pubblici, locali o statali che siano.

La differenza sostanziale sta nell’Ente che gestisce il fondo, e che quindi permetterà a questa o quella categoria di lavoratore di aderirvi o meno. Al netto di ciò, il funzionamento di base è pressoché identico per ogni fondo: il lavoratore aderisce e versa periodicamente una quota di denaro, l’Ente investirà questi versamenti periodici finché il lavoratore non avrà raggiunto determinati requisiti (che generalmente corrispondono a un tetto massimo prestabilito), e a quel punto restituirà al lavoratore quanto versato con gli interessi.

Chiaramente, l’importo dovuto potrà essere restituito in un’unica soluzione oppure a rate, quindi come una pensione integrativa vera e propria. L’una o l’altra ipotesi possono essere concordate al momento della stipula dell’accordo fra ente e lavoratore.

I tipi di fondi pensione sono diversi, ma si riducono a tre macro-categorie, che sono quelle dei fondi pensione aperti, chiusi e individuali. Vediamo di seguito quali sono le differenze fra i tre, e come investire in ognuno di questi.

Fondo pensione aperto

A differenza del fondo pensione chiuso (che discuteremo in seguito) al fondo pensione aperto possono aderire tutti quei lavoratori per cui la legge non individua un soggetto adatto a costituire il fondo.

Potranno aderirvi pertanto in maniera singola o collettiva i liberi professionisti, i lavoratori autonomi e alcuni tipi di dipendenti. Gli enti che li costituiscono saranno quindi prevalentemente banche, Società di Gestione del Risparmio e compagnie assicurative.

Così come avviene in ogni fondo d’investimento, il capitale dell’ente costituente è separato da quello dei risparmiatori, che potranno decidere al momento dell’adesione i tempi del versamento del capitale e se dedicare al fondo parte del proprio Tfr, ove previsto e previa accordo con l’ente.

Fondo pensione chiuso

Viceversa, come si evince anche dal nome, il fondo pensione chiuso è pensato per una specifica categoria di lavoratori.

In questo caso, il soggetto incaricato di costituirne uno è previsto dalla legge e si riconduce ad un’associazione sindacale o organizzazione imprenditoriale. Esempi di questo tipo di fondi possono essere il Fonchim per la categoria dei chimici, il Priamo per quella dei lavoratori del trasporto pubblico e il Fonte per chi opera nel commercio, turismo e servizi.

Piano Individuale Pensionistico

Un’ultima tipologia è quella de PIP, o piano individuale pensionistico. Aperto trasversalmente a tutte le categorie di lavoratori, il PIP si differenzia dal fondo aperto per l’ente con il quale si stipula l’accordo, che nel caso del piano individuale è una compagnia di assicurazione.

Il lavoratore stipula quindi una vera e propria assicurazione sulla vita, che gli verrà restituita se allo scadere di un determinato lasso di tempo e al versamento di una determinata quantità di denaro il lavoratore sarà ancora in vita.

Come investire in un fondo pensione: vantaggi e costi

Una caratteristica che accomuna tutti i fondi pensione è quella di essere sottoposti al controllo della COVIP, la Commissione governativa di vigilanza sui fondi pensione, che ha il compito di vagliare l’attendibilità degli Enti che istituiscono un fondo e di tutelare i risparmiatori nei loro investimenti.

Prima di aderire a un fondo, è necessario comprendere se ne esiste uno chiuso per la propria categoria, fattore che permetterà di ammortizzare al massimo le spese di gestione. Altrimenti si dovrà optare per un fondo aperto o in alternativa un PIP.

Da una recente indagine Covip, risulta che oggi un lavoratore su 30 investe parte del proprio denaro in un fondo pensione. Il numero è tutt’altro che esiguo e testimonia come si tratti di una formula che, specialmente in un Paese come il nostro dove l’idea del risparmio è alla base del vivere collettivo, sembra godere di sempre maggior successo.

I numeri d’altronde non mentono: rispetto all’ipotesi di lasciare il Tfr in azienda, investire quei stessi soldi in un fondo pensione della durata decennale potrebbe comportare un aumento del capitale finale pari a circa il 14% in più rispetto a quello iniziale. E questo vale nel caso dei fondi aperti; appartenendo a una categoria per la quale è previsto il fondo chiuso, l’utile finale arriva a toccare anche soglie del 25-30% a seconda del tipo di contratto che si stipula e della normativa prevista dall’Ente che gestisce il fondo.

A questo si aggiunga un ulteriore vantaggio: quello di poter ritirare preventivamente quanto investito. Attenzione, non si tratta di una possibilità prevista dall’attuale normativa vigente, ma di un qualcosa che tuttavia la maggior parte dei fondi pensione prevede.

Un ultimo fattore da tenere in considerazione prime di investire in un fondo pensione è quello delle spese, che variano a seconda del tipo di fondo e della durata dell’investimento. In linea di massima, queste si aggirano fra lo 0,2 e lo 0,9% annui per i fondi chiusi, dove il valore minimo sarà applicato a quelli a lunga scadenza, quello massimo ai fondi brevi. Lievemente superiori sono quelle dei fondi aperti, comprese fra l’1,1 e il 2,1% mentre i più cari risultano essere i PIP, i cui costi medi difficilmente saranno inferiori all’1,5% e potranno toccare anche soglie del 3,5%, con massimali del 5,4.