[azione_singola codice="FB"]
Per chi abbia intenzione di investire i propri soldi in azioni, occorre cercare di capire quali siano le aziende che possono offrire reali possibilità di guadagno, in modo da far fruttare i propri soldi. Occorre cioè analizzare il mercato e una serie di fattori che possono influire sul trading, ad esempio il particolare momento economico o la possibilità di crisi geopolitiche tali da poter intorbidire le acque e rendere complicata la situazione in cui si trovano ad operare determinate aziende.
Oltre all’analisi fondamentale, però, occorre anche dare vita ad una ricognizione degli strumenti di investimento e delle modalità con cui essi possono essere effettuati. Per quanto riguarda il secondo punto di vista, va rilevato in particolare come se una volta per poter acquistare azioni di una determinata azienda fosse necessario ricorrere all’intermediazione della propria banca, oggi questa scelta risulta assolutamente non conveniente. A renderla tale sono le commissioni che occorre versare al proprio istituto bancario per svolgere la funzione di intermediazione, le quali possono essere di notevole importo. Proprio per questo motivo un numero sempre più consistente di nostri connazionali ha deciso di bypassare il sistema bancario e sfruttare la potenza di Internet per fare trading.
Optando per una piattaforma online, infatti, i costi risultano molto inferiori e il meccanismo che si viene ad instaurare viene accelerato a dismisura dalla possibilità di operare praticamente in tempo reale tramite il proprio computer o lo smartphone. Una tendenza destinata a consolidarsi secondo gli analisti, proprio per effetto del fatto che ormai le nuove tecnologie sono state metabolizzate anche dalle persone meno giovani.
In questa guida imparerai:
Una azienda in poderosa espansione: Facebook
Se c’è una azienda di cui si è parlato moltissimo, nel corso degli ultimi anni, è Facebook. Fondato da Mark Zuckerberg, il social media più famoso a livello globale vanta attualmente oltre due miliardi di utenti disseminati in ogni parte del globo. Una massa poderosa che fa di Facebook non solo un mito, immortalato dalle fiction, ma anche una sorta di incubo per la politica. Andiamo quindi a studiarne meglio la storia, iniziando proprio dalla sua nascita.
Tutto parte nel 2003, quando uno studente di Harvard, Mark Zuckerberg, decide di collegarsi al suo computer dopo un appuntamento non proprio esaltante e inizia a guardare l'annuario universitario. Una visione dalla quale trae presto l’idea di creare un sito sul quale caricare tutte le foto degli studenti del college e dare vita ad una sorta di gara: chi accede, infatti, può scegliere tra due foto selezionate casualmente dal sistema.
In poche ore quello studente riesce ad hackerare i database dei diversi studentati di Harvard e ad estrarre i nomi e le fotografie di tutti coloro che ne fanno parte. Il sito viene chiamato Facemash e il suo successo è clamoroso, tanto che nelle prime 4 ore di attività attira 450 visitatori che scaricano 22mila immagini, mandando in sovraccarico e quindi in crash i server universitari. Facemash verrà chiuso dai vertici di Harvard e Zuckerberg sospeso per un semestre, con l’accusa di infrazione della sicurezza e di violazione della privacy degli studenti. Il dado è però tratto e, nell’anno successivo, Zuckerberg registra Facebook iniziando una cavalcata che ancora prosegue.
Nella quale ha al suo fianco, altri studenti di Harvard: Andrew McCollum, delegato allo sviluppo dell'algoritmo e della piattaforma di Facebook, ed Eduardo Saverin, uno studente di origine brasiliana esperto di aspetti organizzativi, aziendali e promozionali.
L’esordio avviene il 4 febbraio 2004 rivolgendosi in questa prima fase alla popolazione universitaria di Harvard e il successo è immediato: in una decina di giorni metà degli studenti hanno già effettuato la loro registrazione al nuovo servizio.
Facebook allarga quindi il suo raggio dagli studenti di Stanford, della Columbia University, di Yale, per poi dedicarsi al resto della Ivy League, al MIT, alla Boston University e al Boston College. In poche settimane sono però tutti gli studenti di USA e Canada ad essere praticamente nel mirino del social media, sancendo un successo immediato e neanche inaspettato.
La storia recente
Nel 2009, ad appena cinque anni dal varo, Facebook chiude il primo bilancio in attivo, dimostrando la validità dell’idea di partenza e la capacità di generare profitti.
Nessuno può però attendersi quello che accadrà negli anni successivi, quando la platea del social media si espande ad un ritmo tale da portare nel 2010 ad un volume di traffico che supera per una settimana negli Stati Uniti quello di cui è gratificato Google.
Il 2011 vede Goldman Sachs affacciarsi alla porta di Zuckerberg, per chiedere di poter partecipare al capitale di Facebook, investendo ben 450 milioni di dollari, mentre la valutazione totale del social network tocca i 50 miliardi di dollari. Una performance ormai clamorosa, tale da spingere il suo fondatore a sbarcare a Wall Street. La data chiave è il 18 maggio 2012, giorno in cui si registra una delle offerte pubbliche di vendita (IPO) più grandi della storia degli Stati Uniti. La sola prima giornata di contrattazioni vede Facebook piazzare azioni per 16 miliardi di dollari e attestare la propria valutazione a 104 miliardi di dollari (valore più alto mai registrato per una new entry alla Borsa di New York).
La crescita diventa poi irrefrenabile quando parte una campagna di acquisizioni che vede l’entrata nell’orbita del gruppo di FriendFeed, Snaptu, Beluga. Altro colpo clamoroso arriva poi nel 2012, quando è il turno di Instagram ad essere fagocitata. Ancora più clamore, però, desta nel 2014 l’acquisizione di Whatsapp, l’applicazione di messaggistica istantanea, acquisita per 19 miliardi di dollari.
Facebook: una crescita che crea problemi
Come abbiamo visto, quindi, Facebook è una azienda in grande salute, tanto da aver potuto spendere nel corso del tempo oltre 23 miliardi di dollari in acquisizioni. Il problema, però, nasce proprio dal fatto che questo evidente stato di salute sembra aver provocato nel suo management, e in particolare nel suo fondatore, un vero e proprio delirio di onnipotenza.
In pratica gli appetiti di Zuckerberg hanno provocato una reazione da parte delle autorità politiche di ogni parte del mondo, a partire da quelle statunitensi, evidentemente preoccupate di una crescita che va a configurare Facebook alla stregua di una autorità statale sovranazionale, una sorta di impero che almeno per il momento non si preoccupa di allargare il proprio dominio alla politica, ma che presto potrebbe farlo.
A far deflagrare la situazione sono state in particolare due questioni: lo scandalo Cambridge Analytica e il previsto arrivo sul mercato di Libra, la moneta virtuale destinata a fungere da propellente per le tante transazioni che vedono coinvolto Facebook.
Lo scandalo Cambridge Analytica
Cambridge Analytica è una società fondata nel 2013 da Robert Mercer, un miliardario imprenditore statunitense noto anche per le idee molto conservatrici e per l’essere uno dei finanziatori del sito d’informazione di estrema destra Breitbart News, diretto da Steve Bannon (ex consigliere e stratega di Trump durante la campagna elettorale che ha portato il tycoon alla Casa Bianca). Specializzata nel raccogliere dai social network un’enorme quantità di dati sui loro utenti, elaborava modelli e algoritmi al fine di creare profili per ogni singolo utente, con un approccio simile a quello della “psicometria”, il campo della psicologia che va a misurare abilità, comportamenti e più in generale le caratteristiche della personalità. Lo strumento che rende possibile tutto ciò sono i like, i commenti e tutti i contenuti generati dal singolo utente. A questi dati Cambridge Analytica aggiungeva tutti quelli acquistati dai cosiddetti “broker di dati”, in pratica quelle società che si occupano della raccolta di informazioni di ogni genere sulle abitudini e i consumi delle persone. In tal modo aveva potuto sviluppare un sistema di “microtargeting comportamentale”, ovvero un sistema in grado di generare pubblicità altamente personalizzata tarata su ogni singola persona.
Ad un certo punto, però, il lavoro in questione si è andato ad intersecare con un’applicazione che si chiamava “thisisyourdigitallife” (letteralmente “questa è la tua vita digitale”), la quale consentiva la produzione di profili psicologici e di previsione del proprio comportamento, basandosi sulle attività online svolte. Per utilizzarla, gli utenti dovevano collegarsi utilizzando Facebook Login, una pratica che però ha permesso al suo ideatore, Aleksandr Kogan di costruire un archivio enorme in cui erano comprese informazioni sul luogo in cui vivono gli utenti, i loro interessi, le fotografie che li ritraggono e altri dati relativi alla privacy. Un tema estremamente avvertito in tutto il mondo occidentale, e in particolare proprio negli USA.
Il problema è sorto appunto quando ha condiviso tutte queste informazioni con Cambridge Analytica.
I termini d’uso di Facebook, però, vietano ai proprietari di app di condividere con società terze i dati raccolti sugli utenti, pena la sospensione degli account. Nel caso di Cambridge Analytica la sospensione è arrivata però molto tardivamente.
La storia si è conclusa con la chiusura della società e una multa di 5 miliardi di dollari a Facebook, ma solo da un punto di vista legale, perché i suoi cascami politici ancora gravano su Zuckerberg, tornando alla luce ogni volta che una sua decisione ricorda alle istituzioni statunitensi i pericoli derivanti da posizioni di potere troppo estese.
La questione Libra
Libra è la nuova moneta digitale che dovrebbe alimentare Facebook a partire dal 2020, anno in cui era inizialmente previsto il suo esordio sui mercati. Una data che però sembra allontanarsi sempre di più nel tempo.
La causa di questo ormai quasi sicuro slittamento è da ravvisare proprio nel vero e proprio fuoco di sbarramento che è stato opposto al progetto da parte di un gran numero di soggetti politici.
A partire dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, in particolare da Maxine Waters, Presidente della Commissione dei servizi finanziari, la prima a porsi di traverso sulla strada di Libra, tanto da spingersi a chiedere a Menlo Park di rimandare il debutto della criptovaluta in modo da appianare i contrasti e risolvere una lunga serie di questioni che sembrano destinate a rendere rovente la situazione nei prossimi mesi.
Il problema di fondo è che le ambizioni esplicitate dall’azienda nel White paper di Libra sono troppo smodate, contribuendo a dare la sensazione di voler dare vita ad un potere eccessivamente rilevante anche per il governo degli Stati Uniti. Lo stesso problema posto in pratica da Amazon, ma che in questo caso diventa ancora più rilevante a causa del fatto che è implicata una moneta, sia pur digitale, la quale potrebbe andare ad intaccare il potere imperiale del dollaro, ovvero la base stessa della posizione di forza degli USA a livello globale.
Nel corso delle ultime settimane i vertici aziendali, a partire dai responsabili di Calibra, l’associazione chiamata a dirigere e sostenere il piano di sviluppo di Libra, hanno provato a smussare gli angoli e ricomporre una situazione che rischia di deragliare dai binari prefigurati.
Il fatto che molte delle aziende che inizialmente avevano deciso di affiancare Facebook nell’operazione abbiano deciso di abbandonare il treno in corsa, non depone però a favore di Zuckerberg.
La concorrenza
Quando si deve investire su un’azienda, la prima cosa da fare oltre a cercare di capirne lo stato di salute finanziaria consiste nel dare uno sguardo alla concorrenza. Che nel caso di Facebook può essere individuata soprattutto in Google e, in particolare, in YouTube. Un concorrente temibile, ma che al momento non sembra in grado di scalfirne le posizioni.
Anche in questo caso, però, un pericolo potrebbe venire dalla politica. Nel corso degli ultimi mesi, infatti, Facebook ha dato vita ad una sorta di operazioni tesa a bonificare il suo canale media da presenze sgradite, coloro che generalmente vengono indicati come haters, spesso mossi da razzismo o da intenti propagandistici tesi a veicolare valori che però sembrano contrastare con quelli democratici. In questa operazione sono però caduti molti utenti che sembrano non propriamente haters, quanto portatori di visioni politiche diverse. Molti di costoro hanno deciso di rivolgersi a VKontakte, un social nato nel 2006 che viene indicato come il Facebook russo.
Attualmente VK conta poco meno di mezzo miliardo di utenti, che però potrebbero diventare sempre di più ove la campagna iniziata dopo la bonifica di Facebook dovesse andare avanti. Per capire il pericolo potenziale da esso rappresentato, occorre partire da uno studio condotto presso l’Università Henrich Heine di Düsseldorf (Germania), il quale ha rivelato che gli utenti russi ritengano VKontakte di gran lunga superiore a Facebook, evidenziando una serie di aspetti specifici, come la facilità d’uso, la sicurezza o l’intrattenimento tra le sue qualità più apprezzate. Se in questo momento si tratta di realtà non paragonabili, nei prossimi anni la situazione potrebbe cambiare notevolmente.
Previsioni azioni Facebook 2020
Alla luce di quanto detto sinora resta da capire se la quotazione delle azioni di Facebook sia destinata ad incrementarsi nel prossimo futuro o meno. A favore di questa ipotesi giocano in particolare tre fattori:
- l’innovazione che continua a caratterizzare la proposta dell’azienda, dimostrata proprio dalla volontà di portare avanti il progetto Libra e dal lancio di Facebook Pay, il nuovo sistema di pagamenti che dovrebbe girare anche su Instagram, Messenger e WhatsApp;
- l’interazione con la pubblicità, che spinge sempre più aziende a rivolgersi a Facebook. Basti pensare in tal senso che nel corso degli ultimi cinque anni, le entrate pubblicitarie medie per utente di Facebook sono cresciute del 26% all’anno.
Tra i fattori che invece potrebbero giocare un ruolo negativo, occorre ricordare proprio i contrasti con la politica e l’atteggiamento contrario non solo del Parlamento statunitense, ma anche dell’Unione Europea e di altri Paesi che difficilmente possono gradire il ruolo sempre più forte assunto dall’azienda, a partire da Cina e Russia.
Trading azioni Facebook: meglio i CFD
Come abbiamo visto all’inizio, nel caso in cui si decida di investire sulle azioni Facebook, non conviene farlo tramite la propria banca, a causa di costi elevati e di modalità di commercio rese obsolete dall’avvento del web.
Il secondo è un aspetto forse troppo spesso messo in sottordine al primo, ma che invece riveste la massima importanza.
A volte, infatti, sui mercati si formano dei trend improvvisi che rischiano di arrecare ingenti danni a chi non dimostri rapidità di reazione.
Il modo migliore di fronteggiare situazioni di questo genere, anche per quanto concerne le azioni, è il trading online, ovvero quella particolare forma d’investimento che viene portata avanti tramite tecnologie informatiche e sfruttando la potenza di Internet.
Nel caso in cui si opti per questa modalità d’investimento, lo strumento migliore può essere senz’altro rappresentato dai Contracts for Difference (CFD).
Quali sono le migliori piattaforme per fare trading di azioni Facebook?
Nel caso in cui si decida di rivolgersi al trading online, occorre però sapere che non tutte le piattaforme che lo consentono sono affidabili e che, anzi, nel corso degli anni molti aspiranti trader si sono visti sottrarre i fondi coi quali avevano aperto un conto da operatori evidentemente truffaldini, o sono stati oggetto di comportamenti opachi, ad esempio l’impiego dei propri soldi per operazioni intraprese dai broker per proprio conto. Proprio per questo motivo diventa necessario individuare un operatore in grado di garantire adeguati livelli di sicurezza e operatività.
In particolare occorre scegliere la piattaforma all’interno della lista pubblicata all’uopo da Consob, l’organismo di garanzia che presiede al funzionamento dei mercati finanziari italiani.
Sceglierne una sprovvista di autorizzazioni espone ad un elevatissimo rischio di truffa. In particolare, tra le piattaforme che possono operare in Italia, le migliori possono essere considerate:
eToro
eToro (click per sito ufficiale), ormai un punto di riferimento ineludibile per chi vuole fare trading online.
La fama di eToro è dovuta non solo all’elevato livello di sicurezza e dei servizi proposti all’utenza, ma anche al copy trading, una particolare modalità di investimento che si fonda sul funzionamento dei social media, permettendo ai trader alle prime armi di copiare le operazioni intraprese da quelli più esperti, dopo averne valutata la percentuale di successo nel corso delle operazioni intraprese;
Vai alla Piattaforma Ufficiale di eToro >>
Il 51% degli investitori perde denaro con questo broker.
Plus500
Plus500 (click per sito ufficiale), broker CFD che è considerato una vera e propria sicurezza per i trader, dall’alto di una storia inattaccabile e della quotazione presso la Borsa di Londra.
Il broker israeliano Plus500 vanta permessi rilasciati da FCA (Financial Conduct Authority, n. FRN 509909) e CySEC (licenza n. 250/14).
Inoltre è in grado di assicurare il massimo rispetto della direttiva MiFID emessa dall’Unione Europea al fine di tutelare i piccoli investitori;
Vai alla Piattaforma Ufficiale di Plus500 >>
Il 86% degli investitori perde denaro con questo broker.
XTB
XTB (click per il sito ufficiale), società polacca che ha iniziato ad operare ormai dal 2004 affermandosi per una serie di caratteristiche, a partire dalla varietà di strumenti finanziari offerti ai propri utenti.
Tra i fattori che hanno consentito l'affermazione a livello continentale di XTB vanno segnalati in particolare i livelli di straordinaria sicurezza, l’innovativa piattaforma di trading e un servizio di assistenza clienti reputato impeccabile dagli addetti ai lavori.
Vai alla Piattaforma Ufficiale di XTB >>
Il 79% degli investitori perde denaro con questo broker.