Che cosa sono i contributi volontari? Quando sono utili e chi li può versare? Convengono davvero? Guida completa alla contribuzione volontaria, per scoprire tutto quello che prevede la legge.
Nel mondo delle pensioni, si sa, non c’è mai nulla di certo. L’età pensionabile aumenta e le opportunità per i giovani di oggi di andare in pensione in futuro sono, a detta di alcuni, sempre minori. O, per lo meno, di farlo ad un’età ragionevole.
Tra crisi economica e disoccupazione, sono in tanti che hanno timore, a ragione, di non riuscire a raggiungere il numero minimo di anni contributivi per poter avere una pensione; per ovviare a questa problematica, l’INPS permette a tutti di versare dei contributi volontari. Che cosa sono e perché sono così utili?
In questa guida imparerai:
Cosa sono i contributi volontari
Si tratta, in pratica, di contributi che possono essere versati in maniera volontaria da parte di tutti i lavoratori per perfezionare la propria situazione contributiva.
Sono utili, ad esempio, se per un certo periodo di tempo non si lavora, oppure se si è in aspettativa non retribuita, oppure ancora se si ha un contratto part time.
Quali sono i requisiti che il richiedente deve avere?
Per poter versare i contributi volontari bisogna soddisfare uno di questi due requisiti:
- 3 anni di contributi nei 5 anni precedenti alla data di presentazione della domanda;
- almeno 5 anni di contributi versati in tutta la propria attività lavorativa.
La domanda può essere presentata sia da lavoratori dipendenti che da autonomi.
Inoltre, la legge stabilisce che il versamento dei contributi volontari è subordinato alla conclusione del rapporto di lavoro che ha fatto nascere la possibilità di averli, di versarli.
Pertanto, prima di poter versare dei contributi in maniera volontaria, bisogna smettere di lavorare, tranne in questi casi:
- contratto di lavoro part time, in questo caso i contributi volontari possono essere versati sin da subito per integrare i periodi di attività lavorativa ad orario ridotto;
- sospensione del rapporto di lavoro, ad esempio per gravi motivi o per congedo, oppure ancora per motivi privati;
- svolgimento di attività lavorativa nel settore agricolo con iscrizione per almeno 270 giorni di contributi nel corso dell’anno.
Come fare domanda?
Semplicemente, bisogna rivolgersi all’INPS, che è l’ente che si occupa della gestione contributiva nel nostro paese (sia per dipendenti pubblici che privati, oltre che per autonomi).
E’ possibile:
- recarsi presso un patronato in città;
- telefonare al numero 803 164;
- andare sul sito ufficiale dell’INPS e seguire le indicazioni (bisogna avere il PIN)
Come si pagano i contributi volontari INPS?
A seconda di chi fa richiesta, è possibile fare il pagamento scegliendo uno di questi modi:
- sul sito INPS, tramite carta di credito;
- attraverso addebito diretto sul conto corrente (RID);
- attraverso un bollettino MAV (in questo caso considerate che c’è un costo extra da pagare per il bollettino postale).
L’importo da versare è calcolato in maniera diversa a seconda della situazione lavorativa del soggetto:
- i lavoratori autonomi pagano in base alla media dei redditi di impresa che sono stati dichiarati nei 3 anni precedenti alla presentazione della domanda di pagamento dei contributi volontari;
- i dipendenti pagano in base agli stipendi ricevuti nelle ultime 52 settimane, anche se sono “spalmate” su più anni di lavoro (cosa che accade, ad esempio, se si ha un lavoro a tempo determinato);
- i coltivatori diretti pagano in base ai redditi degli ultimi 3 anni di lavoro
Contributi volontari, conviene versarli?
Se non si arriva al minimo richiesto dalla legge per poter avere una pensione minima (ovvero 20 anni di contributi), la contribuzione volontaria è un eccellente modo per sopperire a questa mancanza e avere la certezza di poter arrivare alla pensione.
Allo stesso modo, i contributi obbligatori sono utili anche per chi, facendo due calcoli, vuole fare quello “scatto in più” per avere la certezza di poter godere di una pensione più alta negli anni a venire.
Infine, i contributi volontari possono essere visti anche come alternativa alla pensione integrativa, ovvero la pratica secondo la quale si decide di versare una certa somma di denaro costante presso un’assicurazione, per poterla avere indietro, in una volta sola o “a rate”, da una certa età in poi.