La Green economy è un’espressione che stiamo leggendo ed ascoltando con una certa insistenza ormai da anni. Ma cos’è la Green economy? Come investire? Conviene?

Come suggeriscono le due parole che la compongono, si tratta letteralmente di una “economia verde”, cioè di un sistema economico basato sull’eco-sostenibilità. Vale a dire su attività volte alla produzione di beni e servizi in pieno rispetto dell’ambiente.

La green economy viene spinta anche dalle evidenti necessità di cambiare il modus operandi industriale che impera dal 1800, quando è partita la Rivoluzione industriale. Con una smodata emissione di anidride carbonica.

Fatta questa premessa, approfondiamo il discorso Green economy.

Cosa significa Green economy?

Il termine è stato coniato per la prima volta nel 1989, in un rapporto commissionato dal governo del Regno Unito allora guidato da Margaret Thatcher. Il rapporto si intitolava appunto Blueprint for a Green Economy (relatori: Pearce, Markandya e Barbier).

La ricerca britannica aveva come scopo quello di dare dei suggerimenti al governo riguardo lo “sviluppo sostenibile” e le eventuali implicazioni di uno sviluppo sostenibile per i progetti politici.

In realtà, da allora non si è più sentito parlare di Green economy, almeno per altri vent’anni. Quando, nel giugno 2009, nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici svoltasi nella capitale danese Copenaghen, l’Onu è tornata sull’argomento. Lanciandolo definitivamente nell’agenda degli Stati membri. La Green economy diventava così ufficialmente un obiettivo delle nazioni, come strumento per affrontare molte delle crisi più pressanti della nostra epoca.

La Green economy veniva quindi vista come soluzione non solo alla situazione ambientale del nostro pianeta, già all’epoca ritenuta grave, quanto anche come soluzione per la crisi economica innescata nel 2008 dallo scandalo dei sub-prime. Oltre a mitigare le diseguaglianze sociali che la globalizzazione aveva acuito.

Tornando alla definizione, per green economy si intende “un tipo di economia in cui la crescita economica e la responsabilità ambientale lavorano insieme rafforzandosi reciprocamente. Sostenendo il progresso e lo sviluppo sociale”.

Cos’è la Green economy

Alla luce di quanto detto nel paragrafo precedente, la Green economy comprende un’ampia gamma di idee che consentano alle decisioni economiche di essere prese sempre prendendo in considerazione il rispetto per l’ecosistema.

Ma in che modo? A suggerircelo sempre le Nazioni Unite: “un’economia verde è tale quando è basata su basse emissioni di carbonio, efficiente sotto il profilo delle risorse e socialmente inclusiva”.

In virtù di ciò, gli economisti devono adottare un approccio ampio e olistico alla comprensione e alla modellazione delle teorie economiche. Quindi conferiscono alle risorse naturali che alimentano le attività la stessa importanza del sistema di incentivi economici su cui si basano i modelli economici classici più tradizionali.

A cosa serve la Green economy?

La Green economy viene vista come nuova speranza per la risoluzione di due fronti diversi:

  1. offrire nuove opportunità economiche alla luce del declino costante dell’economia tradizionale e per la risoluzione delle disuguaglianze sociali
  2. mitigare le emissioni di anidride carbonica che stanno inquinando il pianeta e, a detta di molti scienziati, è la causa principale del surriscaldamento globale

Oltretutto, lo stesso cambiamento climatico è un danno economico, come appurato da una ricerca pubblicata su Environmental Research Letters. Il quale ha lanciato un allarme: il 2100, il Pil globale potrebbe essere inferiore del 37% rispetto a quanto sarebbe stato senza l’impatto del surriscaldamento atmosferico.

Nella stessa ricerca, è stato poi calcolato il “costo sociale delle emissioni” (SCCO2): utilizzando la valuta più importante al mondo, il dollaro americano, rapportato per tonnellata di anidride carbonica emessa, si arriva alla conclusione che la stima sia di circa 3.000 dollari di danno economico per tonnellata di CO2 emessa.

Il parametro diventa utile ai governi per calcolare i costi e i benefici relativi della riduzione delle emissioni di gas serra. Quindi, cercare di promuovere la Green economy per ridurre i danni dell’emissioni di Co2 non solo all’ambiente ma anche all’economia e allo stato sociale.

Green economy: principali settori di investimento

Vediamo nel concreto i campi di applicazione della Green economy.

Secondo l’economista Karl Bukart, la green economy è collegata a 6 settori:

  1. energia rinnovabile
  2. edilizia sostenibile
  3. trasporti a basse emissioni
  4. gestione dell’acqua
  5. gestione del ciclo dei rifiuti
  6. gestione del territorio

Tutti basati su 3 pilastri:

  1. sociale
  2. economico
  3. ambientale

Si può comunque dire che ormai la green economy abbracci praticamente tutti i settori, seppur ovviamente in modo diverso. Basta ascoltare o leggere come l’accezione green finisca in tutti i progetti imprenditoriali, grandi e piccoli. Anche per mero marketing, ma è inevitabile.

Come lavorare nella Green economy

Alla luce di quanto detto fino ad ora, la green ecomomy offre grandi opportunità imprenditoriali e lavorative.

Secondo l’Organizzazione internazionale del Lavoro (ILO), una green economy a pieno regime potrebbe far sorgere 24 milioni di nuovi posti di lavoro a livello globale entro il 2030.

Secondo il rapporto dell’ILO, intitolato World Employment and Social Outlook, l’occupazione verde potrebbe trovare un traino importante nel crescente utilizzo di veicoli elettrici e aumentando l’efficienza energetica negli edifici esistenti e futuri.

Del resto, anche in Italia da alcuni anni si stanno mettendo in atto una serie di politiche volte ad incentivare questi due settori. Sebbene con le solite problematiche del caso. Per quanto concerne le auto elettriche, a parte il costo delle vetture ancora molto elevato, va anche denunciata la ancora scarsa presenza di colonnine di ricarica lungo il territorio nazionale. Soprattutto, inutile dirlo, a Sud.

Mentre per quanto riguarda l’efficientamento degli edifici, è stato implementato l’ecoincentivo del 110%. Che però ha trovato numerosi problemi visto che i paletti iniziali si sono rivelati troppo rigidi per un paese dove l’abusivismo edilizio è stato prodigato per decenni, creando in lungo e in largo ecomostri o città a mo’ di grigi tetris. Oltre ai soliti brogli che hanno costretto alla chiusura di numerosi cantieri edilizi.

Molto si è fatto per quanto concerne le energie rinnovabili, in termini di pannelli solari e pale eoliche. Sebbene in molti casi i progetti siano stati bloccati dagli stessi ambientalisti (deturperebbero i paesaggi) ed in generale il nostro paese si è ormai fermato da anni. Tanto che fino al 2012 eravamo praticamente primi in questo campo nell’Unione europea. Ma, giustamente, a noi italiani i primati positivi suonano strani…

Comunque, ci sono ottimi segnali positivi per quanto riguarda i green works: secondo la relazione annuale GreenItaly elaborata da Fondazione Symbola e Unioncamere, il 35,7% dei nuovi contratti di lavoro stipulati in Italia nel 2020 sono proprio legati alla Green economy. In termini numerici, si tratta di 3 milioni e 141.000 persone, il 13,7% del totale degli occupati italiani nel 2020.

Un dato che suona ulteriormente positivo visto che si è verificato in un anno molto complicato dal punto di vista economico per le ragioni che conosciamo bene.

Come investire nella Green economy?

Oggi come oggi ci sono diversi modi per investire nella Green economy. Ovviamente molto dipende dai nostri obiettivi e dalle nostre reali possibilità economiche.

Ecco un ventaglio di opportunità tra quelle principali.

Azioni di società coinvolte nella Green economy

Il Trading online permette di investire in borsa comodamente dal proprio smartphone o Pc. Va da sé che occorre formarsi molto bene prima di iniziare, sia dedicandosi alla lettura di libri e seguendo webinar, sia a livello pratico con un Conto demo.

Oltre a scegliere piattaforme che abbiano una licenza in armonia con i dettami dell’Unione europea per operare come ad esempio eToro (vedi sito ufficiale).

Investire negli ETF

Gli ETF – Exchange traded fund – offrono diversi vantaggi. Come i costi ridotti, la diversificazione del portafoglio titoli con un solo asset, i rischi di insolvenza dell’emittente praticamente azzerati, ecc.

Gli ETF sono dei fondi di investimento passivi e quotati in borsa, che replicano l’andamento di un indice di mercato. Un ETF green molto interessante è l’iShares Global Clean Energy (ISIN IE00B1XNHC34), che è l’ETF sulla green economy più famoso e grande in tutta Europa.

Oppure Lyxor New Energy (ISIN FR0010524777), che investe nelle azioni di 40 società attive a livello globale nell’ambito delle energie pulite e rinnovabili.

Leggi anche l’approfondimento relativo da investire in azioni del settore energetico green.

Green bond

Parliamo di obbligazioni destinate a finanziare progetti dall’impatto positivo per l’ambiente. Le obbligazioni sono come dei prestiti, con un ritorno del capitale comprensivo di interessi.

Fondi di investimento green

I fondi di investimento sono simili ai succitati ETF, con la differenza che sono gestiti in modo attivo e, per questo, sono più costosi in termini di commissioni. Inoltre, se è vero che rispetto agli ETF concedono una remunerazione più elevata, dall’altro sono anche più rischiosi.

Crowdfunding

Il crowdfunding consente di investire in progetti attraverso delle piattaforme che fungono da vetrina tra chi cerca fondi per realizzare il proprio progetto e chi, invece, cerca di investire prestando denaro ottenendo in cambio degli interessi.

Piattaforme molto interessanti per il crowfunding prettamente votato al green sono: 

Ricordandosi anche che investendo sulle start-up innovative si beneficia di sconti fiscali pari al 30%.

Edilizia green

Infine, se avete i capitali sufficienti e volete costituire un’impresa, in questo periodo storico realizzarne una che operi nell’edilizia green può essere la scelta giusta.

La conversione degli edifici, la realizzazione di impianti fotovoltaici o eolici, la realizzazione di immobili nuovi, sono e saranno lavori molto richiesti nei prossimi anni. Diciamo almeno fino al 2050.

Oltre alla domanda proveniente dal mercato, si potrà godere di incentivi fiscali.

Conviene investire nella green economy?

Allo stato attuale, sembra scontato rispondere di sì. La premessa è sempre quella di non fare passi più lunghi della gamba e muoversi sempre secondo le proprie reali possibilità economiche.

Inoltre, occorre formarsi bene prima di buttarsi su un settore, conoscere quindi bene come muoversi, le leggi in materia, gli aspetti positivi e negativi. Non mancano ovviamente le immancabili truffe, messe in piedi da chi vuole approfittare dalla crescita di una domanda e di un settore.

Ogni opportunità ha come contraltare dei rischi, che aumentano più aumentano le promesse di guadagno.

Green economy: i rischi

La Green economy sta offrendo quindi nuove opportunità di lavoro fino a qualche anno fa inesistenti nei settori succitati. Il contraltare è che può anche causare la perdita di lavoro in quei settori legati al vecchio modo di produrre. Si pensi al settore automobilistico, visto che la cessazione della produzione di auto a combustione – fissata dall’Unione europea entro il 2035 – rischia di provocare milioni di disoccupati se non li si forma a dovere al fine di dirottarli verso nuove prospettive occupazionali.

Ed è sempre dalle auto che arriva un altro pericolo, ma prettamente ambientale. Le auto elettriche sono diventate il simbolo della rinascita ambientale e del trasporto finalmente sostenibile. Tuttavia, anche la loro produzione inquina molto.

Il problema principale deriva dalla produzione delle batterie utilizzate al loro interno, dato che per tale scopo viene adoperata una varietà di terre rare all’interno della composizione delle batterie per veicoli elettrici. L’estrazione e la lavorazione di questi metalli possono alimentare emissioni di carbonio.

Ed anche in questo la Cina si pone come principale paese inquinante: qui le aziende produttrici di auto elettriche producono fino al 60% in più rispetto agli Usa o all’Europa, di CO2 durante il processo di fabbricazione rispetto alla produzione di motori “classici”.

Ma è la stessa energia elettrica ad essere inquinante. A livello mondiale il 60% dell’elettricità è generata infatti da combustibili fossili (carbone e gas). Ciò significa che un’auto elettrica produce quasi la stessa quantità di CO2 per chilometro di un veicolo a benzina o diesel.

Sebbene dipenda poi da dove derivi questa energia elettrica. Per esempio in Belgio è totalmente verde: eolica, solare, idroelettrica.

Infine, le batterie per auto elettriche richiedono materiali molto specifici e il più delle volte rari, come cobalto e litio. Spesso fonte di sfruttamento del lavoro minorile e di tensioni politiche interne ed esterne agli stati (guerre, colpi di stato, ecc.).

Sempre riguardo le batterie per auto, non bisogna dimenticare il problema del breve ciclo di vita e dello smaltimento. Sebbene nuove tecnologie stanno facendo in modo che durino sempre di più e che si possano riciclare più facilmente.

C’è poi un’altra ripercussione, che tocca però il privato di ciascuno: le ennesime ripercussioni sulla privacy. Saremo facilmente controllabili: dai percorsi quotidiani che percorriamo, ai consumi, alle tappe dei nostri spostamenti.

Green economy in Italia: come siamo messi?

Abbiamo prima accennato alla situazione del nostro paese. Ma nel complesso come siamo messi rispetto all’economia verde? Stando al pacchetto Fit For 55, la politica energetica dell’Unione deve ridurre le emissioni di CO2 del 55% (rispetto ai livello del 1990) entro il 2030.

Per raggiungere questo scopo, occorrono ovviamente ingenti investimenti. Si pensi al Pnrr – Piano nazionale di resistenza e resilienza – che ha già destinato quasi 60 miliardi di euro alla promozione dell’economia green da spendere entro il 2026.

Il Pnrr dovrà dunque finanziare moltissimi ambiti economici: riconversione energetica, opere edilizie, agricoltura biologica, economia circolare, protezione delle risorse idriche, ecc.

Il nostro paese, come detto, sconta diversi abusi del passato. Dalla scellerata costruzione edilizia, che ha letteralmente stuprato il territorio italiano dagli anni ‘50 agli anni ‘90 (fino alla realizzazione di obblighi urbanistici, come un piano regolatore) alla questione industriale, con molte imprese ancora da convertire, sebbene molte abbiano chiuso o pesantemente ridimensionato la propria capacità occupazione.

Ed ancora, circolano ancora molte auto vecchie, con gli italiani che preferiscono la manutenzione di un vecchio veicolo all’acquisto di uno nuovo (diciamo che sono obbligati). Risentiamo poi ancora della carenza di colonnine di ricarica, che non dà certezze sulle lunghe percorrenze (che comunque sta lentamente aumentando).

Cosa dire poi dell’instabilità politica che funesta il nostro paese, con continui cambi di governi e maggioranze parlamentari che non consente di redigere piani a lungo termine e di portarli avanti.

Infine, le carenze idriche. Non a caso, l’acqua è da tempo definita “oro blu” e già sta portando a tensioni geopolitiche tra gli stati. I cambiamenti climatici – che siano o meno davvero apportati dalle emissioni di Co2 – stanno portando a lunghi periodi di siccità, anche nel nostro paese. Ma ad aggravare la situazione ci pensano le carenze al sistema idrico, con il 35% di acqua che si perde tra le tubature ormai da anni.

Insomma, tra problemi atavici e nuove sfide, il nostro paese deve ancora fare molto. Ma segnali positivi “a macchia di leopardo” lasciano ben sperare.